Disagio giovanile e funzione docente: riflessioni e strumenti per la scuola con il prof. Porcarelli
Il 24 novembre, presso l’Aula Magna della sede Einaudi, si è svolto un incontro di formazione dedicato ai docenti sul tema del disagio giovanile e sulla funzione educativa della scuola, guidato dal prof. Andrea Porcarelli, professore associato di pedagogia generale e sociale presso l’Università di Padova.
L’appuntamento ha offerto un’occasione preziosa per approfondire il ruolo del docente in una fase storica complessa, segnata da forme crescenti di malessere adolescenziale.

Dopo una prima parte introduttiva dedicata al contesto e alle sfide odierne, Porcarelli ha invitato i docenti ad assumere una postura di tipo pedagogico, cioè uno sguardo che riconosce la scuola come spazio di umanità, luogo in cui l’adulto non si limita a trasmettere contenuti, ma si assume la responsabilità educativa nei confronti delle nuove generazioni. Richiamando Hannah Arendt, ha ricordato che ogni generazione arriva nel mondo con una domanda rivolta agli adulti, e che l’educazione è il punto in cui si decide se amiamo abbastanza il mondo da custodirlo e consegnarlo, rinnovato, ai giovani.
Da qui nasce una riflessione più ampia sulla missione della scuola oggi. Riprendendo Bruner, Porcarelli ha sottolineato come la scuola sia l’ingresso nella vita della ragione, un luogo dove si aprono mondi prima impensati e dove questo processo avviene sempre dentro una comunità. Tuttavia, ha sottolineato un punto spesso trascurato: la scuola non può ridursi a erogare “pacchetti formativi”, ma è chiamata a educare attraverso l’istruzione, utilizzando i contenuti disciplinari come mezzo per formare persone capaci di senso, relazione, responsabilità.
Questo cambio di prospettiva è decisivo anche nel modo in cui si affronta il disagio giovanile, che – secondo Porcarelli – può essere interpretato in due maniere differenti a seconda della missione che ci attribuiamo: se il nostro compito è solo garantire istruzione, il disagio viene visto come interferenza; se il compito è educare attraverso l’istruzione, allora il disagio diventa parte della realtà educativa da comprendere e con cui lavorare.
Per capire il disagio giovanile occorre partire dall’ascolto. I dati citati, tra cui quelli di Save the Children, mostrano un quadro complesso: ansia diffusa, giudizio immaginario e paura delle aspettative altrui, prime esperienze precoci con l’alcol, bullismo, cutting, disturbi alimentari, malessere scolastico, iperconnessione e persino l’uso dell’intelligenza artificiale come conforto emotivo in mancanza di relazioni reali.
Questi fenomeni hanno radici interiori profonde: fragilità identitaria, modelli irrealistici di perfezione, insicurezza legata al futuro, ritiro sociale e soprattutto la “trappola del frammento”, che riguarda tanto gli apprendimenti quanto la vita emotiva dei giovani, sempre più discontinua, segmentata, priva di un filo narrativo coerente.
In questo scenario, Porcarelli ha chiarito che la scuola non è onnipotente, non fa terapia e non può sostituirsi ai servizi specialistici. Tuttavia, può essere decisiva nel costruire senso, connessioni e contesti relazionali significativi. L’invito è quello di abitare una postura educativa, che comprende: educare per mezzo dell’istruzione, rendendo le discipline strumenti di interpretazione del mondo; curare le relazioni e il clima di classe; vivere la scuola come comunità educante, dove ogni adulto è parte di un progetto condiviso; riconoscere e cogliere il kairos, quei momenti in cui è possibile incidere realmente sul percorso di un ragazzo.
L’insegnante adulto-educatore diventa così presidio di senso: una presenza stabile, affidabile, capace di relazione e di orientamento. La sua autorevolezza non è autoritarismo, ma capacità di accompagnare, ascoltare, contenere e sostenere.
Le risposte educative passano anche attraverso pratiche didattiche motivanti e generative di senso: discipline che dialogano tra loro e che guardano ai mondi vitali dei ragazzi; spazi di didattica attiva, cooperativa, laboratoriale; attività che permettono ai giovani di esprimersi e di costruire competenze relazionali.
Infine, Porcarelli ha individuato alcune leve strategiche a disposizione dei docenti: l’educazione civica, da vivere non come adempimento, ma come dispositivo formativo centrale per affrontare le emergenze educative contemporanee; l’orientamento formativo, inteso come sostegno alle domande di identità e futuro; ma soprattutto, la capacità degli insegnanti di essere promotori di speranza, una competenza educativa fondamentale in tempi di fragilità e incertezza.
L’incontro ha mostrato con chiarezza che la scuola, pur non potendo risolvere ogni forma di malessere, può essere il luogo in cui i ragazzi trovano senso, legami, guida e possibilità di crescita. Una responsabilità che chiama i docenti a un impegno professionale e umano sempre più consapevole, condiviso e competente.
Ultima revisione il 27-11-2025
